Diocesi di L'Aquila – Forania di Pettino

Santa Maria delle Grazie

Madonna delle grazie 2

Attualmente la chiesa di tal nome si riferisce alla costruzione rettangolare aggiunta nel 1830, per uno spigolo, al complesso residenziale ex monastico che, solitario e ben istallato, ancorché in completo sfacelo e avvilente degrado, dall’alto della collina sopra Coppito domina la vista sulla Città.
Esternamente dopo detto 1830 la cappella, coperta a capanna, è restata nella sua nuda tessitura muraria compresa la facciata, offrendo soltanto, di elementi lavorati, il portale maggiore a stipiti scorniciati classicamente e caricato di un frontone triangolare equilatero con iscrizione, e quello minore sul fianco sud a montanti anch’essi scorniciati, completo di architrave, fregio bombato e cornice.
L’interno, una monoaula rettangolare configurata in una foderatura architettonico – plastica di paraste corinzie sostenenti il cornicione perimetrale e volte lunettate a sesto schiacciato, è disegnata in cinque campate dirette all’unico altare (barocco ed ora in rovina) ed alla parete presbiteriale di fondo, che si apre al centro in un’edicola templare in stucco tra due grossi ovali, consistente in un’arcata di nicchia inquadrata da scomparse colonnine corinzie, trabeazione e fastigio a frammenti di timpano e fregio trapezoidale. Come si nota, la concezione formale complessiva si fa ottocentesca più per la rare­fatta asciuttezza del telaio d’ordinanza e delle modana­ture che per vero neo-classicismo.
La Santa Maria delle Grazie originaria è invece ricono­scibile inglobata strutturalmente nella fabbrica ottocen­tesca del casale in cui i Capparelli di Ancarano avevano riconvertito l’antico complesso. Avutolo infatti ad inizio ‘800 dai Dragonetti, che a loro volta l’avevano comprato dallo stato dopo la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dai Celestini di Collemaggio, e conservandone lo schema architettonico quadrilatero attorno al chiostro in versione sei – settecentesca, i Capparelli avevano adeguato i locali alle nuove funzio­ni. In particolare avevano ristrutturato l’ala meridiona­le, costituita appunto dall’antica chiesa monasteriale, dividendone in vani con tramezzi murari, taglio delle volte ed inserimento dell’androne d’accesso e del gran­de portale a bugnato che si vede, l’oblungo interno. Il degrado dei fabbricati ha riportato allo scoperto le ori­ginarie pareti interne con affreschi tre – quattrocenteschi e con segni strutturali – peducci per volte, arcate richiu­se, tamponature murarie – dai quali è virtualmente rico­struibile la configurazione medioevale dell’oratorio: una lunga monoaula rettangolare, coperta da volte a crociera successive e di cui l’ultima cellula, quadrango­lare, praticabile per un varco ed anch’essa con resti di affreschi, era verosimilmente destinata a coro.
Dell’oggi visibile scatola muraria esterna della chiesa interessano il brano basamentale in perfetto apparec­chio “benedettino” di pietra concia sul lato sud, il suc­cessivo più ampio brano murario a paramento cister­cense di filari di piccoli selci benché manomesso e, su quella che era la rettilinea parete absidale est, i conci ben tagliati ed a smusso della piccola e pure tipicamente cistercense monofora sesti-acuta richiusa. Ulteriori de­menti strutturali della pertinente ala edilizia – muratu­re, architravi triangolari e stipiti smussati di aperture, ecc. – rimandano tutti, d’evidenza, alle tecniche murarie ed alle forme costruttive riscontrabili in fondazioni cistercensi primo-ducentesche della zona, come Sant’Onofrio di Collebrincioni e Santo Spirito d’Ocre, dichiarandosene coevi.

Parrocchia S. Pietro Apostolo Via del Duomo 67100 L'Aquila; Parroco: Don Giuseppino; cell.: 3402656214.